La Lycoris radiata è una pianta bulbosa che appartiene alla famiglia delle Amaryllidaceae, ed è nota per la sua straordinaria bellezza e per le sue fioriture spettacolari che avvengono in autunno. Questo periodo dell’anno, in cui molti giardini iniziano a riposare, viene reso unico da un’esplosione di colori vivaci offerti da questa pianta.
Il genere comprende ufficialmente 23 specie, oltre ad alcune varietà. Queste piante provengono esclusivamente dall’Estremo Oriente, estendendosi dal Nepal fino al Giappone. In Europa, i bulbi di determinate specie e selezioni si trovano in commercio principalmente in primavera, periodo in cui vengono indotti artificialmente al riposo vegetativo. Tuttavia, spesso le piante ottenute da questi bulbi non fioriscono immediatamente, ma richiedono uno o due anni per adattarsi.
La coltivazione in contenitori rappresenta una soluzione pratica, specialmente in aree caratterizzate da inverni rigidi. Proteggendo le piante durante la stagione fredda e garantendo loro una buona esposizione alla luce, è possibile migliorarne le possibilità di sopravvivenza anche in climi meno favorevoli.
La storia e il passato della Lycoris radiata sono affascinanti e meritano di essere scoperti.
Due specie di Lycoris, L. radiata e L. aurea, erano già conosciute dai botanici e dai giardinieri europei nella seconda metà del XVIII secolo. Fu Charles Louis L’Héritier de Brutelle a introdurre i nomi specifici “aurea” e “radiata”, che all’epoca identificavano specie ancora attribuite al genere Amaryllis (1788). Successivamente, lo studioso Herbert revisionò e perfezionò la classificazione portandola alla forma attuale.
Nella seconda metà dell’Ottocento furono descritte altre specie di Lycoris, tra cui L. squamigera, L. sanguinea e L. straminea. Tuttavia, solo studi più recenti hanno ampliato la comprensione del genere, identificando nuove specie, alcune delle quali potrebbero rivelarsi forme particolari o ibridi. Un caso emblematico delle complessità tassonomiche legate alle Lycoris è rappresentato da Lycoris radiata, una delle prime specie introdotte in Europa. Queste piante, inizialmente sterili, si rivelarono in seguito appartenere a un cariotipo triploide.
Il clone da cui derivavano è largamente diffuso in Asia orientale, coltivato in Cina nella valle del fiume Yangtze e naturalizzato in Giappone, con l’eccezione dell’isola di Hokkaido. Solo nel 1938 fu identificata una forma fertile della specie, chiamata Lycoris radiata var. pumila. In seguito, venne chiarito che la variante sterile triploide (con 33 cromosomi) era stata probabilmente importata dalla Cina al Giappone in tempi preistorici, dove si radicò profondamente nella cultura locale.
In Giappone, la Lycoris radiata non fu mai coltivata per fini ornamentali, poiché si credeva fosse associata alle anime dei defunti. Questa convinzione si riflette nelle leggende e nei racconti popolari che circondano la pianta, frequentemente collocata nei cimiteri e nei templi buddhisti. I buddhisti la conoscono ancora oggi come “Fiore del Nirvana” o “Manyusaka” (“Fiore Celestiale”). Il nome giapponese, 曼珠沙華 (Manyushage), deriva dal Sutra del Loto, dove si fa riferimento a un “fiore rosso” in lingua sanscrita. La pronuncia del termine ha dato origine a molteplici associazioni e leggende.
Una delle storie più note riguarda due spiriti, Manyu e Saka, incaricati di prendersi cura rispettivamente dei fiori e delle foglie della pianta. Poiché il ciclo vegetativo delle Lycoris prevede che i fiori appassiscano prima che emergano le foglie, i due non avrebbero mai dovuto incontrarsi. Tuttavia, infransero le regole e si innamorarono. La dea Amaterasu, irritata dalla loro disobbedienza, li punì separandoli per sempre: i fiori di Manyu e le foglie di Saka non avrebbero mai potuto coesistere sulla stessa pianta. Anche dopo la morte, nel regno dei defunti, i due giurarono di rincontrarsi in una futura reincarnazione, ma il loro desiderio non si avverò mai.
Nonostante la tossicità delle Lycoris, specialmente dei bulbi, nei periodi di carestia venivano trattate per renderle commestibili. La Lycoris radiata era spesso piantata lungo i confini delle risaie, non solo come fonte alimentare di emergenza, ma probabilmente anche come deterrente per i roditori, grazie alla sua velenosità.
Oggi in Giappone questa pianta è diffusa in molteplici ambienti, tra cui risaie, templi, corsi d’acqua e parchi. Tra questi, il Parco Kinchakuda è particolarmente famoso: un’area dove le Lycoris crescevano già spontaneamente è stata trasformata in un luogo dedicato, con oltre un milione di bulbi attualmente coltivati.
L’epiteto specifico radiata fa riferimento alla particolare forma delle sue infiorescenze, disposte a raggiera. La Lycoris radiata è un’erbacea perenne ma soprattutto una geofita bulbosa, richiedendo cure specifiche per la sua coltivazione, specialmente in zone con inverni freddi. Per proteggere i bulbi durante l’inverno, è consigliato coltivarli in vaso e ripararli al caldo.
Se si decide di coltivarla direttamente in piena terra, è fondamentale prestare particolare attenzione. Un’adeguata pacciamatura delle radici e la protezione della parte aerea con tessuti non tessuti sono pratiche indispensabili. Anche le esigenze di irrigazione sono specifiche, e la pianta non sopporta bene i trapianti, rendendola particolarmente adatta ai giardini del Sud Italia.
Un aspetto davvero intrigante della Lycoris radiata è la sua capacità di fiorire dalla nuda terra, senza foglie. I suoi fiori, di un eccezionale colore rosso vermiglio, sono impossibili da ignorare grazie alla loro forma strutturale affascinante. Gli steli portano infiorescenze con tepali ondulati e allungati, circondati da stami e pistilli lunghi e delicatamente arcuati. Ogni infiorescenza può raggiungere un diametro di circa 10 centimetri e, man mano che sbocciano, il loro colore vira verso un intenso rosa.
Le foglie della Lycoris radiata sono sottili e arcuate, presentandosi in tonalità che variano dal verde medio al verde scuro. Dopo la fioritura, queste persistono per un certo tempo, ingiallendo solo con l’arrivo delle temperature calde. Una volta che le foglie svaniscono, il bulbo entra in dormienza, generalmente durante i mesi estivi.
Esteticamente, il bulbo ricorda quello dei narcisi, ma presenta differenze significative riguardo alla messa a dimora: deve essere interrato a una profondità di circa due volte la sua altezza, mentre nei narcisi basta semplicemente una volta. In Oriente, invece, si suggerisce una piantagione più superficiale.