Nelle meravigliose passeggiate estive tra i boschi delle Alpi, non è raro imbattersi in una presenza sorprendente: piccole palme che sembrano portare un tocco esotico in un contesto tipicamente montano. Queste piante non sono solo suggestive, ma hanno anche una storia affascinante e una resistenza notevole. Il loro nome? Trachycarpus fortunei, conosciuta come la palma di Fortune.
Originaria di una vasta regione che si estende dalla Cina centrale al Giappone, fino alle pendici dell’Himalaya, questa palma ha la capacità sorprendente di tollerare temperature invernali che raramente vengono raggiunte nelle nostre montagne. La sua introduzione in Europa risale alla fine del Ottocento, quando venne apprezzata per la sua adattabilità ai climi più freddi, in particolare in Italia.
Fino a poco tempo fa, la palma di Fortune era relegata ai giardini privati, ma con l’aumento delle temperature globali, ha iniziato una vera e propria colonizzazione delle aree naturali circostanti. Oggi, in Svizzera, ha raggiunto un tale livello di diffusione da essere considerata un’emergenza ecologica, guadagnandosi il soprannome di palma del Ticino.
In Italia, la sua diffusione avviene a un ritmo più moderato, ma la sua presenza è sempre più evidente. La palma di Fortune è stata recentemente inserita nell’elenco delle specie del Atlas Flora Alpina, un importante progetto internazionale che mira a catalogare la vegetazione alpina. Questo progetto coinvolge numerosi centri di ricerca e istituzioni di paesi come Austria, Francia, Germania, Slovenia e Svizzera.
Il censimento più recente risale al 2004, e sorprendentemente, in quell’occasione la palma di Fortune non era ancora registrata nel territorio alpino. Questo fenomeno di invasione biologica, simile a quello dell’ailanto (foto sotto), un’altra specie infestante importata dall’Asia nel passato, solleva interrogativi sul nostro rapporto con la natura e l’importanza della biodiversità.
L’ailanto, infatti, è stato introdotto nel 1800 come sostituto delle foglie di gelso bianco durante un’epidemia che colpiva i bachi da seta. Tuttavia, gli insetti hanno rifiutato questa nuova fonte di cibo, e una volta rimossi gli alberi, l’ailanto ha continuato a diffondersi in modo incontrollato, diventando una vera bestia nera per le aree verdi.
Questa storia mette in evidenza l’importanza di monitorare le specie vegetali introdotte nei nostri ecosistemi. Mentre la palma di Fortune può sembrare un’aggiunta attraente alle nostre montagne, le sue potenzialità invasive devono essere tenute sotto controllo. La natura è un delicato equilibrio, e ogni nuova pianta ha il potere di influenzare l’ambiente circostante in modi che potrebbero non essere immediatamente evidenti.
In conclusione, mentre passeggiamo tra i boschi estivi delle Alpi e avvistiamo queste affascinanti palme, è importante riflettere sull’impatto delle specie non native e sulla necessità di preservare la biodiversità locale. Con l’innalzamento delle temperature e i cambiamenti climatici, il futuro della palma di Fortune e di molte altre specie potrebbe essere destinato a cambiare radicalmente.